venerdì 15 gennaio 2010

La Mostra


Si è perduta ancora, contava sull’intuito ed ha cominciato a camminare nella direzione opposta. In questi casi avvisare è fondamentale, fruga nella borsa cercando il telefonino. Persone le camminano accanto, macchine sfilano veloci e autobus si susseguono, non è più abituata al traffico di una grande città. Poche informazioni e riparte. Rallenta il passo mentre alza il braccio per salutare. Un uomo si stacca dal gruppo e le và incontro. Sorridono e parlano avvicinandosi agli altri.
«Buongiorno». Il gruppo risponde con un cenno del capo. Ascoltano lui.
«Lei è Anna». Poi si rivolge a lei, «Erano tutti curiosi di conoscerti. Ti presento Diego, Mattia e Sara».
«Il piacere è mio ragazzi, non vedo l’ora di cominciare».
La galleria ha una grande sala ovale al primo piano, il gruppetto si inoltra chiacchierando sottovoce, percorre l’ampia scala marmorea a lato della biglietteria e raggiunge la sala centrale dove numerosi scatoloni sono diligentemente sistemati a centro stanza.
Anna la percorre in silenzio, comincia a misurarne la grandezza con i passi, mentre scruta altezza e lunghezza delle pareti utili all’esposizione, valuta la luce artificiale delle lampade.
Gli altri hanno cominciato ad aprire gli imballi dei pezzi che comporranno la mostra.
L’uomo e la donna a fine giornata, restano soli.
«Anna, vieni a vedere, di questo non trovo la scheda autore».
«Ah! Si. Non lo troverai, non esiste autore. Quella foto l’ho scattata io»
«E’ bellissima, non sapevo fotografassi»
«Non fotografo infatti, si è trattato di un colpo di fortuna».
«Dove pensi di metterla? Starebbe bene in apertura».
«Non ho ancora deciso. Dici che è bella?». La donna prende la foto e la guarda assorta, passano alcuni minuti ed è ancora li. L’uomo cerca di immaginare dove sia stata scattata. Quando sembra deciso a chiederlo, lei si ridesta. Appoggia l’immagine agli scatoloni in maniera che si veda e si allontana di alcuni passi, si gira, la osserva.
«Dove l’hai scattata?»
«Cagliari, quella donna mi ha fatto salire sull’ultimo aereo partito pochi minuti prima che la piena si portasse via tutto».
«Ti riferisci all’alluvione del 2008?».

«Lei sapeva quello che stava per accadere, ma non ha fatto trasparire nulla. Tutti noi eravamo tranquillizzati dalla sua calma. Quando le ho chiesto di cambiare destinazione - il mio appuntamento a Torino era saltato – mi ha detto di seguirla».
«L’hai seguita?»
«Ho seguito lei e la guardia dell’aeroporto che la accompagnava. Siamo andate in un'altra stanza, all’unico terminale ancora in funzione. Eravamo solo noi, ha cominciato a digitare, l’unico cedimento quando la tastiera non ha risposto»
«Cosa ha fatto?»
«Ha cominciato a pigiare sui tasti a due mani dicendo: “Se solo questo coso funzionasse”. I suoi capelli neri, dritti seguivano il movimento scomposto del capo che andava su e giù».
«Potevi andare a Torino»
«Sarebbe partito un ora dopo, Roma partiva subito. Ci siamo guardate, ha preso il biglietto che avevo in mano barrato Torino, scritto Roma e siglato. Quella sigla è stato il mio pass, dieci minuti dopo ero su un aereo seduta al posto di una hostes».
«Anna, stai bene?»
«Non so neanche io come ho fatto a scattare questa foto, mi ha guidato l’istinto». La donna guarda l’immagine. Poi si gira, «Ho fame, tu no?».

Qualche giorno dopo, ore 19,00. Vernissage della mostra. Nella sala ovale Anna e gli altri sono accompagnati da una piccola folla. Terminata la presentazione cominciano a disperdersi per osservare le opere alle pareti. La foto con un volto di donna girato a tre quarti chiude la mostra, Anna si sofferma ancora qualche minuto a studiarla poi si avvia per le scale ed esce in strada, si gira a guardare il banner pubblicitario fuori della galleria, si legge grande: “Anni Zero”, di taglio appare ancora una volta il volto di quella donna. La osserva, sorride respira a fondo e si immerge nuovamente nel traffico.

Nessun commento:

Posta un commento